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We Are Who We Are 

Gender fluid, amore e libertà 

a cura di Cosmo Pietro Ferraro

 

tempo di lettura 2 minuti

 

Regia: Luca Guadagnino

Produzione: Italia, USA

Anno: 2020

 

Luca Guadagnino esce dal cinema dopo la vittoria agli Oscar del 2018 con Call me by your name, e quattro nominations, per approdare alla televisione. Su Sky e HBO troviamo il suo nuovo lavoro, We are who we are. Una serie tv, come è solito chiamarle oggi, pensata in realtà di più come un film a puntate. Il regista italiano conferma la sua scrittura internazionale continuando a raccogliere consensi importanti in Italia e all’estero. Anche in questo caso riesce a mettere in campo tutta la sua maestria e le tematiche a lui più care, in particolare la profonda conoscenza del funzionamento e della mente adolescenziale così come la profonda delicatezza nel raccontarla.

La serie si svolge all’interno di una base militare americana in Italia al cui interno si incrociano le vite e le storie di uomini e donne, spesso di passaggio da una base all’altra, con ruoli e posizioni che cambiano o in preparazione per la partenza verso una guerra combattuta lontana per chissà quale ragione. È difficile crescere in una situazione del genere e trovare il proprio posto nel mondo, ancora di più se sei un ragazzo o una ragazza di 14 anni. Questo deficit identitario sembra venire goffamente compensato dal modo in cui quest’oasi militare viene travestita da America con le bandiere, l’inno cantato prima di ogni evento ufficiale, le foto dei Presidenti alle pareti e i marchi commerciali delle grandi multinazionali sempre presenti.

Il tema centrale in We are who we are è quello del gender fluid, una situazione nella quale non ci si sente di appartenere a nessuna delle due categorie sessuali in senso binario, ma vivendo la propria identità sessuale senza schemi o costrizioni. È un vissuto in aumento nelle nuove generazioni e di cui prendere atto. Qui lo viviamo attraverso gli occhi, le paure e le insicurezze di Fraser e Caitlin. Il primo arriva nella base seguendo sua mamma e la sua nuova compagna. Il ragazzino di città un po’ strambo e problematico inizialmente viene emarginato dal gruppo, ma porta nuovi colori e sfumature all’interno di luogo rigido e chiuso anche se ovviamente ricco di contraddizioni. Ne nasce un rapporto bellissimo con Caitlin perché è attraverso Fraser che lei si scopre libera di essere ciò che realmente è o vuole essere. Hanno entrambi dei rapporti familiari molto complicati, Fraser con una mamma eccessivamente seduttiva nei confronti del figlio; e Caitlin con un padre che la vede di più come un maschio e se ne allontana, sentendosi quasi tradito, quando lei avrà le sue prime mestruazioni. Il loro è un rapporto di interdipendenza, sembra quasi che Caitlin viva la sua mascolinità attraverso il corpo di Fraser, e Fraser in quello di Caitlin. Anche attraverso esperienze fisiche condivise, come quando Caitlin in bagno vuole provare la sensazione di avere un pene e tenerlo in mano ‘usando’ il corpo di Fraser.

Tutto attorno a loro si sviluppano ed incrociano numerose altre storie e situazioni impossibili da riassumere in un breve testo. Quelle di un gruppo di ragazzi il cui mondo è spesso sovrastato da cose più grandi di loro e che cercano di uscirne vivi come meglio possono. Vivendo le loro emozioni e i loro rapporti nell’unico modo che conoscono, ovvero in maniera esagerata e violenta, non trovando un contenimento che sia in grado di proteggerli e definirli. Quando uno di loro dovrà partire per l’Afghanistan tutti insieme organizzeranno il suo matrimonio, il quale diventerà un baccanale farcito da droghe, sesso e alcol a scongiurare la paura della morte. Non a caso tutte le puntate di questa mini serie hanno lo stesso titolo, Qui ed ora.

We are who we are è un inno alla libertà. Alla vita, alla creatività e all’Amore.

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