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Truman Capote: A sangue freddo

 

a cura di Lorenzo Gambacorta

 

tempo di lettura 2 minuti

 

Autore: Truman Capote 

Edizione originale: Random House, New York, 1966 

Prima edizione italiana: Garzanti, Milano, 1966

 

Nel parlare di A Sangue Freddo, fulgido e atroce esempio di iperrealismo americano, si deve tener conto prima di tutto del fatto che questo libro nacque da un’ossessione. Truman Capote era già scrittore famosissimo, personaggio amato dal jet set newyorchese, autore di quel Colazione da Tiffany che insieme all’Holden di Salinger aveva stampato nella memoria della cultura americana uno dei primi grandi personaggi ribelli del dopoguerra. Storie, quest’ultime, sull’ansia di libertà, sul superamento dei confini di una morale per certi versi ormai obsoleta, storie di speranza e di vita. Ma all’inizio degli anni ‘50 nella profonda provincia dell’Arkansas, si consuma intanto un atroce fatto di cronaca: un’intera famiglia viene sterminata durante la notte, probabilmente nel corso di una rapina. È un fatto di cronaca come tanti, per quanto scioccante, ma Capote inizia a interessarsene. C’è qualcosa che non emerge dalle cronache e che lui vuole capire: perché? Perché è successo, perché una rapina è finita in un bagno di sangue, perché è capitato a una famiglia normale, senza ombre, dalla vita tranquilla. Il resto del processo di indagine che portò al libro è stato reso noto anche dalla cinematografia: completamente votato alla ricerca di un senso, Capote fece amicizia con uno degli assassini, nel frattempo incarcerati, cercò di raggirarlo, di ingannarlo, di manipolarlo, cercò di farsi dire come era andata, voleva sapere con precisione cosa fosse scattato nella mente dei due, il momento preciso, il punto di svolta, la ragione. La domanda che emerge dunque trascende ad un certo punto la realtà del fatto in quanto tale: ciò che è accaduto è il derivato di qualcosa? Esiste una determinazione? O nella miriade dei fili di pensieri, immagini, emozioni, sogni, ciò che è accaduto nella mente di quei due uomini è infine imperscrutabile?

Come nelle opere di altri grandi scrittori, l’irrisolvibilità del reale cerca una soluzione nella forma: qui la scrittura si fa schietta, aspra e brulla come il paesaggio dell’Arkansas in cui si svolge buona parte della vicenda. Le parole si fanno il più elementare possibile nella speranza di ridurre tutta la complessità del reale e infine trovare l’essenza ultima delle cose: la verità. Ma alla fine A sangue freddo impone invece a chi legge di confrontarsi sopratutto con l’impossibilità di qualsiasi forma di giudizio morale. Non ve n’è, ne ve ne può essere, perché non esiste niente di più umano dei protagonisti del libro, mentre scappano per gli Stati Uniti cercando forse di scindersi prima di tutto da quella parte inconcepibile di loro che quella notte ha portato la morte in una casa di campagna.

 

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