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Terminator

Il tempo della terapia

a cura di Luca Ricci

tempo di lettura 2 minuti

Regista: James Camerun

Anno: 1984

Produzione: Stati Uniti d’America

 

Un film che tratta il tempo e che si fonda su un paradosso. Sarah Connor è la futura madre di John Connor, leader della resistenza contro le macchine, guidate da Skynet. Dopo aver preso coscienza nel 1997, Skynet dichiara guerra all’umanità e lancia un primo apocalittico attacco nucleare, riducendo significativamente la popolazione mondiale. I sopravvissuti intraprendono una guerra di resistenza e sopravvivenza guidati, appunto da John Connor, che insegna loro a combattere le macchine e li guida verso la vittoria. Ma questo avviene nel futuro. Sarah, nel 1984 è una ragazza spensierata, un po’ timida e romantica che lavora come cameriera. Skynet, dal futuro, invia un cyborg, un Terminator, che ha la missione di uccidere la madre del leader dei ribelli prima che questi nasca. La resistenza invia a sua volta un soldato, con l’obiettivo di proteggere l’unica speranza di un futuro. La trama del film si incentra sulla persecuzione della donna e sul sacrificio che il soldato fa di tenerla al sicuro e che insegna alla donna a essere dura, efficace nel combattimento e nella lotta contro un nemico così inarrestabile. Il tempo si complica nel momento in cui si scopre che il militante ribelle, Kyle Reese, è il padre di John. Come in ogni favola bella, Sarah si salva.

Il film ha molti pregi. L’atmosfera è sufficientemente cruda (come solo gli anni 80 del 900 sapevano fare), i dialoghi sintetici e la recitazione efficace. Forse uno Scwarznegger che dà il meglio di sè.

Ciò che appare interessante è proprio il paradosso che fonda il film. Paradosso che viene accettato dallo spettatore nella finzione narrativa in cui tutto è possibile. Sembra, tuttavia, che questo “implicito” sia la rappresentazione oggettivata di un vissuto soggettivo. Quello di Sarah. La donna, nella spensieratezza della gioventù, dove il tempo è ancora aperto, indefinito, si interroga sulla sua vita sentimentale e di relazione. La coinquilina ha un compagno e Sarah sembra sentirsi sola, come se il tempo della giovinezza stesse per richiedere un cambiamento. Sembra che il pensiero del tempo che sarà si imponga.

Il futuro, catastrofico, si mischia col presente, che è anche passato. Una macchina fredda, anaffettiva, inarrestabile, rappresentazione dell’arresto emotivo ed evolutivo, minaccia la creatività salvifica, espressa dal figlio futuro leader della resistenza. Un figlio-creatività che invia a sua volta una speranza, nei panni del soldato-padre. È in questa relazione che è possibile opporsi alla certezza del futuro mortifero, freddo e senz’anima di una vita “macchinosa”, “sterile”. Sembra che il film condensi nell’arco narrativo un percorso di terapia. Il tempo, infatti, si mostra come fermo e allo stesso tempo inesorabile. Le macchine distruggeranno tutto, ci sarà la guerriglia. L’unica incertezza è sulla nascita di John Connor, la parte creativa che può aprire a un futuro fatto di possibilità. Sarah si trova catapultata in un mondo fatto di paranoia, ansia, angoscia, disorientamento. Deve non solamente apprendere, ma cambiare. Se rimane com’è, tutto è perduto. Allora si confronta con vissuti che sembrano giungere per la prima volta nella sua vita: l’amore, il senso di protezione, la perdita. Tutti vissuti che rappresentano i fantasmi del cambiamento. E in questo processo, Sarah non è sola. È accompagnata da una figura che è presente pur rimanendo assente: non ha importanza ciò che accadrà a Kyle, lui è lì solo affinché Sarah possa incontrare parti di sè diverse, nuove. È presente nel sostenere con lei emozioni e vertici di concezione di sè prima mai esplorati. È il tempo che deve riprendere il suo scorrere. Ma prima, passato, presente e futuro si devono fondere per aprire dimensioni del Sè inedite.

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