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Mindhunter

L’impossibile catalogazione dell’irrazionale

a cura di Lorenzo Gambacorta

tempo di lettura 2 minuti

Autore: Joe Penhall

Regista: David Fincher

Anno: 2017-2019

Produzione: Stati Uniti d’America

 

 

Mindhunter è la storia che racconta come è nato il profiling, e la definizione stessa di Serial Killer nellUunità di Scienze comportamentali dell’FBI. Tratta dalla biografia del primo profiler, John Douglas, che nella seria diventa l’agente speciale Holden Ford, la serie racconta in contemporanea alcune indagini riguardanti killer seriali che agirono negli Stati Uniti fra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80, e contemporaneamente il lungo lavoro di “mappatura” delle menti di alcuni dei killer seriali già catturati, che Ford inizia a programmare insieme al suo più anziano (e scettico) collega, Bill Tench.

 

È sopratutto in questo aspetto che la serie diventa particolarmente affascinante. Ford ha un’intuizione che cambierà la storia della tecnica d’indagine (e della psicologia criminale): riuscire a delineare il profilo del Killer impulsivo, colui che uccide seguendo un preciso modus operandi con una precisa (ma assolutamente irrazionale) finalità. È cosi che nasce la definizione di Serial killer. Ma è proprio nell’incontro col soggetto che si creano problemi, che la macchina della razionalità inizia a scontrarsi con qualcosa di intrinsecamente incatalogabile. Allora la serie assume i tratti della narrazione del conflitto intrinseco ad ogni società fra civiltà e individualità, razionale e irrazionale. Cosi quando Ford e Tench cercano di applicare le loro prime “catalogazioni” ai killer ancora liberi, questi sembrano comunque essere sempre “un passo avanti”, come se ci fosse una zona oscura, l’ES della stessa società americana, che dichiarasse costantemente la sua infallibile indisponibilità ad essere processato scientificamente. La fallacia dell’approccio positivista dei due detective viene riassunta quando Edmund Kemper, l’”assassino delle studentesse”, uno dei primi studiati dai due, commenta sardonicamente riguardo al perché i serial killer ancora a piede libero talvolta sfuggano al profilo tipico: “mi sembra che quello che sapete sui Serial Killer si basi su quelli che avete catturato..”

La serie raggiunge il suo apice quando l’intervista dei profilers arriva a Charles Manson. Colui che rappresenta più di ogni altro l’anima nera della cultura americana. I due agenti intervistano tanto Manson (che fisicamente non si rese responsabile di nessun omicidio) quanto alcuni degli assassini della sua “famiglia”. Per non avere una risposta conclusiva. Chi ha influenzato chi? Dove stanno le reali ragioni degli omicidi? PerchÈ ragazzi normali, studenti di college, si sono trasformati in feroci esecutori di disposizioni folli? Forse l’unica possibile risposta sta nelle inquietanti parole di Manson stesso, che rivolto ai due agenti, con logica imperturbabile, afferma: “è colpa mia se i vostri figli, che avete trascurato, fanno quello che fanno? ..se sapete sapete, non dovete parlare con me, dovete parlare con voi stessi.”

 

 

 

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