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Il prossimo anno ricorre il trentennale della prima pubblicazione di “Contrappunto”, e con questo numero presentiamo una rivista rinnovata. La redazione, in accordo con gli organi dell’associazione, ha deciso di cambiare casa editrice; da questo numero sarà l’editore Maddali e Bruni a dare alle stampe la rivista. Ciò ha comportato un lieve ritardo nell’uscita del numero, per curare nel miglior modo possibile questo passaggio e per perfezionare la qualità di “Contrappunto”, e confidiamo che la nuova veste rappresenti un buon modo per mantenere vitale e creativa la produzione scientifica che ci ha sempre contraddistinto.

Inauguriamo così con un nucleo monotematico, Ulteriori riflessioni sulla genitorialità, legato alla tradizione del pensiero dell’AFPP. Si ricollega ai nn. 49-50 in cui erano stati pubblicati vari contributi sulla maternità e la paternità, fra cui quelli presentati e discussi nel Seminario interassociazioni che si è tenuto il 7 dicembre 2013, dal titolo Diventare genitori ed avere bisogno di aiuto. Queste ulteriori riflessioni spaziano dal versante operativo del trattamento dei genitori e dei bambini, a quello più generale della formazione e della tecnica psicoterapeutica.

L’esperienza dell’Infant Observation secondo la metodologia di Esther Bick, alla base del training formativo dell’AFPP, attribuisce particolare attenzione alla relazione paziente-terapeuta e all’assetto mentale del terapeuta, contribuendo alla costituzione di un “vertice materno”1 in psicoanalisi nel confronto fra relazione madre-bambino e relazione analitica2. Questa analogia ha il suo focus – come scrive Dina Vallino3 – nella qualità del contenimento materno e analitico. Non si tratta soltanto del con-tatto di cui parlava già Sándor Ferenczi, ma della capacità materna di ricevere le proiezioni e le comunicazioni del bambino e darvi, con la propria rêverie, risposte adeguate, così come il terapeuta può fornire interpretazioni funzionanti.

Questi aspetti sono stati approfonditi e ampliati nel costrutto di “Maternità Interiore”, che indica uno specifico stato psicologico della gestante in un processo di sviluppo dell’identità femminile e di elaborazione di rappresentazioni mentali. La maternità interiore è “il luogo delle fantasie, delle emozioni, dei sogni, è la residenza di legami, di affetti, di relazioni nuove, è il contenitore di quel bambino fantasmatizzato interno che diventerà il bambino reale esterno”4.

Tenere in mente il costrutto della maternità interiore non è solo una “lente” in più per leggere le vicende psichiche della madre, del padre e del bambino fin dagli albori della loro relazione, ma un assetto mentale dell’osservatore e del terapeuta che arricchisce le valenze cliniche dell’osservazione, delle consultazioni psicologiche perinatali e delle analisi di donne incinte5. Vuol dire riferirsi a un tipo di relazione significativa nel prendersi cura, occuparsi e preoccuparsi dell’altro, dar vita alla mente dell’altro, è un’esperienza del “materno” intesa come un assetto mentale, proprio di ogni relazione di cura, con una sua specificità che dà vita a un’atmosfera di dialogo e intimità con ritmi e tessiture di interrelazioni complesse.

I primi due lavori qui pubblicati trattano delle analogie tra l’attesa in gravidanza e le attese nelle psicoterapie, e sono frutto dell’elaborazione di tali concetti e modelli di riferimento all’interno dell’AFPP.

L’attesa e l’incontro, di Ida Binchi, Isabella Lapi, Martina Peruzzi, Maria Santori, Laura Scarpellini e Silvia Testori, riporta il lungo lavoro di un gruppo di studio formato sia da soci anziani che da allievi dell’ultimo anno di corso, e coordinato da Isabella Lapi. Inizialmente lo scopo del lavoro del gruppo era analizzare cosa succede nella mente del terapeuta durante l’attesa del primo incontro, così denso di pensieri ed emozioni, ma così poco considerato e studiato6. Il gruppo si è poi dedicato a un altro importante momento di attesa che punteggerà il percorso della psicoterapia con il tempo tra una seduta e la successiva, soprattutto nel caso delle terapie once-a-week, e infine alle attese che intercorrono quando il paziente non viene o interrompe il percorso terapeutico.

La metodologia di lavoro del gruppo ha privilegiato la discussione del materiale clinico rispetto all’approfondimento teorico. Il gruppo ha lavorato dal 2013 fino a tutto il 2015, assumendo che l’“attesa”, definibile come “metafora della vita”, è un elemento costitutivo della psicoterapia e necessita di un’attenzione particolare per la sua incidenza sulla dinamica relazionale transfert/controtransfert7.

Il lavoro successivo, L’ombra del trauma, di Valentina Denti, riguarda una sua intensa esperienza clinica nella quale un trauma infantile precocissimo, vissuto dalla paziente in epoca pre e post-natale, getta un’ombra invasiva sul presente e si riattualizza nella relazione terapeutica. Si tratta di un grave lutto vissuto dalla madre della paziente mentre era incinta, mai vissuto coscientemente dalla paziente. Durante il trattamento è presente un’angoscia profonda che appare come vuota di senso, ma che arriva a costituire una forma di trauma inflitto alla relazione stessa. Nello scritto si racconta come può esserne colta ed elaborata dalla terapeuta la valenza comunicativa, tollerando i lunghi tempi di attesa e di ascolto per dare infine spazio a una possibilità trasformativa del conflitto interno della paziente.

Il terzo contributo è una relazione di Jeanne Magagna, Essere padre, presentata al convegno Diventare padre (Roma, 24.5.2014) organizzato dall’Associazione Genitori e Amici del Tempo Lineare e dal Centro Studi Martha Harris. Con un linguaggio semplice e chiaro, e avvalendosi di esemplificazioni tratte dall’Infant Observation, viene esplorato il ruolo dei nuovi padri nelle società occidentali, che va molto al di là del fornire un supporto emotivo e materiale alla madre. L’accresciuta partecipazione paterna all’allevamento dei figli sta comportando importanti cambiamenti psicologici: il nuovo padre ha meno paura di un contatto intenso e intimo con il figlio neonato nei primi mesi di vita, di sintonizzarsi con le sue comunicazioni e di rispondervi. Questo a sua volta comporta nuove modalità di accordo e condivisione con la partner e richiede che il nuovo padre possa identificarsi con le qualità positive di ambedue i propri genitori interni. Magagna sottolinea l’importanza per gli operatori di osservare e comprendere i nuovi padri nelle loro relazioni con la madre e i figli.

Il quarto contributo, Pensare in gruppo la maternità e la paternità interiori, dà conto dell’esperienza del Gruppo sulla Maternità Interiore condotto da Marco Mastella presso il Centro Psicoanalitico Bolognese, a cui hanno partecipato psicoterapeuti provenienti da contesti differenti, legati da un interesse condiviso riguardo al percorso della costruzione della maternità. Sono riportati i testi delle relazioni presentate da vari membri di quel gruppo nelle Giornate Seminariali a cura del Consultorio Familiare AUSL di Imola che avevano come tema “Nascere, crescere, essere genitori da soli e con aiuti” (gennaio 2014).

Maria Grazia Saccottelli, Carmen Bertoldi, Barbara Gruppioni e Daniela Lenzi in Storia del gruppo “La maternità interiore” illustrano il funzionamento del gruppo sia come strumento formativo che come contenitore-elaboratore delle esperienze che gli operatori andavano via via facendo. Descrivono le diverse fasi vissute dal gruppo, evidenziandone la natura complessa che ha permesso l’emergere di una mente gruppale, utile a elaborare e integrare al meglio le esperienze emotive, consentendo maggiori capacità di incontro con l’altro. Questa esperienza di confronto, oltre a presentarsi come una valida metodologia di lavoro, aiuta i professionisti nell’avvicinarsi con maggiore attenzione e sensibilità ai significati psichici della realtà interiore connessi alla maternità, mostrando una forte valenza preventiva rispetto allo sviluppo di disturbi precoci della relazione madre-bambino. In particolare si discutono l’esperienza di incontro con la morte fetale e perinatale (Piera Bevolo, Il bambino nell’ombra), i disturbi intorno all’area dell’alimentazione nel lavoro con i bambini piccoli e i loro genitori (Silvia Casella e Giorgio Pozziani, La costruzione del legame: riconoscersi ricordando) e situazioni cliniche tratte dall’esperienza di psicologhe e psicoterapeute con differenti esperienze di lavoro coi genitori (Barbara Gruppioni, Daniela Lenzi e Daniela Salvi, Genitorialità ferite alla ricerca di riparazione).

Di seguito al nucleo monotematico, nella rubrica Ritagli, troviamo l’articolo di Alessio Ciardi, Riflessioni cliniche su minori in situazioni transculturali, che segue alcune tracce sulle questioni culturali, già presenti nel n. 53 di “Contrappunto”; in particolare, nel testo si analizza l’intreccio fra costruzione identitaria, funzione terapeutica e reazioni controtransferali, in situazioni transculturali.

A seguire, il testo Processo terapeutico e Gruppo Multifamiliare. Dinamica, interventi e apprendimento, in cui Cristina Canzio parte dalla relazione di Eduardo Mandelbaum tenutasi nel 2015 presso l’AFPP, per dedicarsi al tema del processo terapeutico. Vi sono descritte le differenze fra andamento terapeutico e processo psicoanalitico che si produce nel Gruppo Multifamiliare.

In Spunti di ricerca, rubrica introdotta nello scorso numero, dove si raccolgono contributi originali su questioni di teoria, tecnica e cultura psicoanalitica, troviamo Insegnare dall’esperienza, di Silvia Fano Cassese. Questo articolo è stato pubblicato in una raccolta di saggi curata da Meg Harris Williams, Teaching Meltzer: Modes and approaches. Il testo ha il prezioso merito di trasmettere l’esperienza partecipata dell’insegnamento di Meltzer e delle sue teorie.

A seguire riportiamo, in Congressi e convegni, la relazione Corpo e psiche sono estesi: il costrutto dell’intersoggettività tra psicoanalisi e neuroscienze, che Tiziana Bastianini ha discusso al Seminario interassociativo del 23.1.2016 (AFPP, AMHPPIA, SIPP, SPI) “Il costrutto dell’intersoggettività: dialogo fra psicoanalisi e neuroscienze”.

Concludono il numero due recensioni e il Notiziario.

 
 
 
 
 
 
 
 
1. I. Lapi, Il pensiero materno nella cura, “Contrappunto”, 45, 2011. 
2. L. Generali Clements e G. Ferrara Mori, Correlazioni fra la relazione analitica e la relazione madre-bambino, “Quaderni di Psicoterapia Infantile”, 55, 2007. 
3. D. Vallino, Sul testo inedito di L. Generali Clements e G. Ferrara Mori, ivi.
4. G. Ferrara Mori (a cura di), Un tempo per la maternità interiore, Borla, Roma 2008. 
5. M. Mastella, Verso la maternità durante l’analisi, o in consultazione psicoanalitica e A. Luperini, Nella stanza di analisi: la gravidanza interroga lo strumento analitico, entrambi in ivi. 
6. Una prima sintesi delle riflessioni del gruppo è stata portata nel Seminario interassociazioni dell’ottobre 2013, dedicato al primo colloquio.
7. Parte del lavoro del gruppo, con alcuni aggiornamenti successivi, sarà presentata al Seminario dell’AFPP del mese di dicembre 2016, Il tempo delle attese, insieme al gruppo di lavoro di psiconcologia.

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