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Questo numero di Contrappunto ci sembra particolarmente ricco di contributi sulla tecnica psicoanalitica che rispecchiano la scelta, da parte dell’AFPP, di dedicare ampio spazio nel programma scientifico, al tema “La Psicoterapia Psicoanalitica oggi”.
Due sono i lavori presentati recentemente nei nostri seminari: quello di Dina Vallino, che ha discusso un suo testo originale, qui privato -per ragioni di segretezza- degli interessanti e dettagliati casi clinici di pazienti adulti, dal titolo “Percorsi teorico-clinici dalla prima fase della consultazione a varie fasi della psicoterapia” e la lucida e colta esposizione di Maria Ponsi su “La costruzione dell’alleanza terapeutica”.
Il lavoro di Dina Vallino riprende un concetto chiave di questa Autrice, quello di “atmosfera emotiva”, la quale amplia nell’analista la possibilità dell’osservazione che precede la comunicazione permettendogli di avere intuizioni sul paziente. L’atmosfera emotiva viene percepita dall’analista anche quando fallisce il tentativo di capire e far capire e si avvertono sfasature e disturbi della comunicazione. L’analista deve lasciarsi “disturbare”, perché in realtà le trasformazioni avvengono per entrambi, occorre “rinunciare all’indifferenza” e mettersi in ascolto. Rivolgersi alla parte infantile dei pazienti, mettendo in risonanza la propria parte infantile con la loro, vuol dire considerare la mente come laboratorio dove nascono storie; la funzione dell’analista consiste nell’aiutare e potenziare le trasformazioni narrative. Sia con il paziente adulto che con quello bambino, importante è la presenza, nel campo, dell’analista, che cerca di “non esserci”, di intrudere meno che si può e far vivere, più che altro, un “andirivieni” che lasci un po’ più libero l’altro d’inventare storie e sognare, pur senza perdere la responsabilità verso il paziente.
Diverso nello stile, ma vicino nel contenuto ci pare il contributo di Maria Ponsi. L’autrice si situa in quel movimento culturale analitico che, attuando una profonda riflessione sulla soggettività dell’analista e l’intersoggettività del processo terapeutico, limita, di conseguenza, l’uso del concetto di controtransfert e rivede quello di alleanza terapeutica; concetti, questi, finora forse un po’ “appiattiti” nel dibattito fra intervento attivo,a sostegno dell’effetto curativo costituito dalla relazione affettiva fra analista e paziente, e distacco e neutralità dell’analista, considerando il fulcro dell’intervento psicoanalitico nell’attività interpretativa. Attualmente si pensa piuttosto alla possibilità di costruire un “processo collaborativo”. Con questo termine M. Ponsi intende rivolgere selettivamente l’attenzione a quei processi interattivi nei quali viene negoziata l’intesa – la collaborazione – fra i due membri della coppia analitica. Nella sua forma più matura la relazione collaborativa è come uno sfondo silente implicito che fa da supporto alle comunicazioni dell’analista e dell’analizzando: essa corrisponde all’assetto classico del paziente che osserva creativamente le regole del setting e della libera associazione e che è capace di insight e di working through. Quando il paziente – come nell’esempio clinico riportato- tende a non far uso degli interventi dell’analista e in generale della situazione analitica, l’attenzione alla costruzione di una relazione collaborativa è messa in primo piano e lo sviluppo del processo collaborativo è tutt’altro che lineare.
Sempre in tema di tecnica siamo lieti di ospitare l’articolo di Claudine Vacheret su un particolare modo di far psicoterapia con gruppi. La relazione di questa Autrice apre nuovi orizzonti al lavoro di gruppo, introducendo sulla scena un “oggetto-foto”. Esso è definito come “oggetto intermedio” in quanto mobilitante uno spazio psichico, quello del preconscio, per sua natura spazio di transito tra un versante vicino all’inconscio ed al processo primario ed uno vicino al conscio ed al processo secondario. Questa modalità d’intervento, che utilizza dispositivi di mediazione, appare particolarmente utile con pazienti molto destrutturati e disorganizzati sul piano psichico, cioè con pazienti che privilegiano la via comportamentale e psicosomatica piuttosto che quella della elaborazione psichica.
La rubrica Ritagli riporta un’intervista a Donald Meltzer, al quale tanto deve la nostra associazione per la formazione della propria identità. L’intervista, condotta con garbo e competenza dalla psicoterapeuta Catharine Mack Smith, è uno scambio informale, affettuoso. Ci rivela, insieme con l’analista, l’uomo che guarda con auto-ironia alle proprie scelte personali e professionali. Anzi, da queste ultime, più che scegliere si è sentito scelto! Oltre ad offrire indicazioni di stile di lavoro e di tecnica, evidenzia un altro “filo rosso” comune a tutti i vari lavori di questo numero: l’amore (e il timore) per la bellezza della psicoanalisi.

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