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L’Associazione Fiorentina di Psicoterapia Psicoanalitica è sorta nel 1978, come aggregazione di un gruppo di psicologi e di psichiatri, impegnati nel pubblico e nel privato, con esperienza di analisi personale e di trattamenti psicoterapeutici sia con adulti che con bambini. Lo scopo del gruppo era di favorire tra i soci un approfondimento della teoria e della pratica del metodo psicoterapeutico ad indirizzo psicoanalitico, attraverso letture, discussioni di casi clinici, Infant Observation, supervisioni e seminari con psicoanalisti italiani e stranieri.

Nel febbraio 1983 l’AFPP si è legalmente costituita e dallo stesso anno organizza sistematicamente corsi di formazione in Psicoterapia Psicoanalitica.

Dal novembre 1993 l’Associazione è divenuta una delle organizzazioni componenti la sezione italiana della European Federation for Psychoanalytic Psychoterapy in the Public Sector, fondata a Londra nel 1991 da psicoanalisti membri della British Psychoanalytical Society con lo scopo di potenziare la qualità della formazione in psicoterapia psicoanalitica. Il network italiano è poi divenuto la Federazione Italiana EFPP, e fa parte delle Associazioni Scientifiche accreditate presso il Ministero della Salute.

La Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica AFPP, riconosciuta dal MIUR, Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologia, nel 2000, fa riferimento alla teoria psicoanalitica, in particolare al modello delle relazioni oggettuali: da Freud a Klein a Winnicott a Bion alla clinica psicoanalitica contemporanea, dal presente del passato al presente del presente al presente del futuro, come nella famosa frase sul tempo di Sant’Agostino, mai come oggi attuale, dove la temporalità sembra sospesa, a volte bloccata, a causa della “crisi degli assetti narcisistico-identitari in connessione con contesti socio-culturali che aiutano a coprire e a sostenere dissociazioni e dinieghi (Ferruta, 2015), sospesa a causa della sofferenza depressiva, sospesa a causa della nostra cecità selettiva, a causa della pandemia.

Ora nella formazione della nostra Scuola il presente del passato parte da Freud, che nel 1922 scriveva «La psicoanalisi non è un sistema del tipo di quelli filosofici, che partono da alcuni concetti fondamentali rigorosamente definiti, tentano di afferrare in base ad essi la totalità dell’Universo […] Essa aderisce, al contrario, ai dati di fatto del proprio campo di lavoro, tenta di risolvere i più vicini problemi dell’osservazione, procede a tentoni lungo l’esperienza, è sempre incompiuta, sempre pronta a dare una nuova sistemazione alle proprie teorie o a modificarle» (p.457).

Lo psicoterapeuta, lo psicoanalista, quindi oltre ad imparare ad osservare e tornare ad imparare ad osservare, si pone l’obiettivo di imparare a diventare “non tanto un osservatore-partecipante, ma piuttosto un partecipante che rimane capace di osservare (Borgogno 2019).

Osservazione e psicoterapia hanno in comune la produzione di un materiale fornito di senso, di un significato particolare, un materiale sul quale sia possibile pensare, mantenere viva la mente. Tutto quello che avviene durante l’osservazione non è mai banale, ma altamente coinvolgente e significativo, e così accade anche in psicoterapia. In entrambe le situazioni si lavora con l’idea di una vita mentale interiore, di un processo inconscio dotato di struttura e di movimento; ma, mentre l’osservazione rintraccia, per un’attribuzione di senso, il precoce, le interazioni primarie della struttura individuo-ambiente, il lavoro psicoterapeutico rintraccia il profondo (Winnicott).

Allora il presente del passato è il nostro precoce divenuto profondo, inconscio non rimosso, dinamica della nostra memoria procedurale, che s’incarna nel presente del presente, come voce creativa o come voce mortifera, che diventa la base del nostro presente del futuro, progettualità o impasse.

La negoziazione intersoggettiva, tra psicoterapeuta e paziente, tende a costruire e a ricostruire un timing, che rimanda alle qualità peculiari della primitiva, sufficientemente buona, relazione madre-neonato, caregiver-bambino, nelle sue caratteristiche di ritmicità, sincronia e reciprocità, caratteristiche alla base della vita mentale.

«Diventiamo affidabili; è l’unico modo in cui la nostra professione può andare avanti. Il punto è che se siamo affidabili (professionalmente) proteggiamo i nostri pazienti dall’imprevedibilità. Molti di loro hanno sofferto proprio di questo, cioè di essere stati soggetti, come parte costitutiva del loro modello di vita, all’inaffidabilità. Non possiamo permetterci di rientrare in quel modello» (Winnicott, 1986, p.118).

Le tempeste psicobiologiche o gli tsunami, causati dalle traumatiche interruzioni del senso di continuità, il non sentirsi visti e riconosciuti, richiedono una mente terapeutica viva e curiosa di cercare instancabilmente, insieme al paziente, nel sottosuolo o sotto le macerie, non per scavare nel passato, ma per andare lì dove, nel presente e nel futuro, il paziente è imprigionato. È quindi un imparare ad osservare fatti, esperienze emotive a partire dall’obiettivo di costruire e ricostruire, dopo ogni impasse, un dialogo, una relazione viva.

«Dice Bion: l’esperienza senza l’emozione è meaningless, è un fatto che manca del suo significato; ma l’emozione senza la rappresentazione è nameless, è una quantità che

manca del suo nome. Dalla congiunzione tra l’esperienza, l’emozione e il nome […] procede la scoperta del significato […] grazie al significato l’esperienza rivive» (Riolo, 2009, p.38).

È il messaggio che oggi tutti i docenti desiderano inviarvi, con questo primo Open Day che, nel ripercorrere la storia della nostra Scuola, vuole condividere con colleghi, allievi e persone interessate, l’importanza, nella complessità teorica e clinica, della formazione alla psicoterapia psicoanalitica, a partire dall’Infant Observation.

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