Hammershøi e i pittori del silenzio
Giugno 10, 2025 2025-06-10 14:54Hammershøi e i pittori del silenzio
Hammershøi e i pittori del silenzio:
la prima mostra italiana dedicata al maestro danese a Palazzo Roverella, Rovigo
A cura di Giorgia Rosamaria Gammino
tempo di lettura 2 minuti
Fino a fine giugno 2025 è possibile visitare a Palazzo Roverella a Rovigo (liberamente o accompagnati da una guida) la prima mostra italiana dedicata a Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864-1916), il più grande pittore danese della propria epoca, protagonista dell’arte europea tra fine Ottocento e inizio Novecento.
Nell’esposizione, la sua opera viene messa a confronto con le creazioni degli artisti a lui contemporanei, tra il nord Europa e l’Italia. Il visitatore si trova quindi immerso, in un clima sospeso nel tempo, stimolato anche da un allestimento minimalista dai colori chiari e un’ambientazione in penombra, ad attraversare un totale di circa un centinaio di quadri, foto e fotogrammi cinematografici assonanti alla produzione artistica dell’autore.
Cresciuto nell’epoca del simbolismo e post-impressionismo, infant prodige e molto riservato, Hammershøi non apparteneva forse propriamente a nessuno di questi movimenti. Aveva però la capacità personale di catturare in maniera fortemente evocativa il vuoto, l’attesa, i silenzi, le atmosfere sospese, i ritratti enigmatici e i vissuti di solitudine. Il suo linguaggio artistico è inconfondibile e imparagonabile con quello di nessuno dei contemporanei esposti.
Il repertorio dei soggetti e degli oggetti che ritrae è volutamente limitato, spesso ritratto con una visibilità limitata e tonalità grigie. I paesaggi esterni sono scorci urbani deserti e gli interni sono angoli domestici minimalisti e ordinati, animati al massimo da una presenza umana di profilo o di spalle. Pochi elementi ordinati, nessuna presenza umana e tanti silenzi che lasciano invece spazio a stati affettivi di vuoto, angoscia, attesa, tensione, solitudine. Colpiscono in particolare le molteplici sedie vuote: per chi erano o sarebbero state? Quali desideri sono stati lasciati in sospeso?
I ritratti sono pochi e anche qui le figure, rappresentate senza troppi fronzoli e spesso di spalle, riescono a comunicare solo con la loro presenza sospesa una moltitudine di vissuti intensissimi che arrivano dentro allo stomaco del visitatore.
Tra le figure femminili appare spesso la moglie. Le scene domestiche e gli scorci di casa ritratti sullo sfondo, svuotati di proposito di orpelli prima di essere immortalati, lasciano presagire e sentire tanto la serenità e la semplicità della vita bucolica-borghese del Nord Europa, quanto la sofferenza umana forse tenuta per sé, i drammi segreti e incomunicabili, il vuoto e l’attesa frenetica di qualcosa che scuota e muova, che avvicini all’altro, che non faccia sentire soli, che faccia sentire vivi.
Le associazioni del visitatore si fanno allora forti sulla vita di coppia e su come la relazione con l’altro aiuti ad avvicinarsi prima di tutto a sé stessi e a quelle parti di sé non conosciute e non comunicanti e comunicabili.
Le riflessioni possibili e i vissuti sollecitati a seguito di questa mostra sono molteplici e anche di carattere sociale e geopolitico. Come la vita nel contesto nordeuropeo ha influenzato l’autore? Quanto il contatto limitato con “la luce” ha forse sollecitato certi vissuti depressivi e di solitudine? Quanto e come questa “distanza” è ancora attuale nel nostro contesto storico in cui ognuno è “chiuso” nel “grigio” della sua vita e della sua quotidianità? Riflessioni a caldo che necessitano tempo per essere elaborate e digerite…
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